La mia esperienza della parola “Carità” parte da lontano, con Antonio: ho ancora nelle orecchie il suono delle sue parole, del suo richiamo: Fate la carità !
Antonio era una persona cieca che davanti ad una chiesa usava richiamare l’attenzione sbattendo le monete dentro un barattolo e a voce alta dicendo “fate la Carità”.
Io ero Allora ragazzo e frequentavo il primo liceo a Latina. Viaggiavo ogni mattina con il pullman da Aprilia dove abitavo e dalla stazione degli autobus raggiungevo poi a piedi la Scuola. Prima di arrivare al palazzo M dov’era la Sede – fatto ad “m” per ricordare la lettera iniziale di Mussolini – passavo necessariamente davanti a questa chiesa dove entravo con devozione e Fede ad invocare l’aiuto del Signore. Allora mi vivevo una situazione molto particolare in famiglia ( dal punto di vista psicologico affettivo ) ed il bisogno di rifugiarmi appunto in chiesa rispondeva a bisogni di rassicurazione… lo stesso bisogno che mi conquistavo con le buone opere come l’elemosina.
Ricordo portavo in tasca normalmente qualche centinaio di lire che servivano per la colazione e ricordo che di tutte le monete che contavo ne davo la metà a questa persona, preso dal bisogno della compassione verso la sua situazione di invalido e di cieco.
Allora non avevo esperienza di riferimento per dare valore al denaro. Col senno di poi mi resi conto che molto avevo dato, giorno dopo giorno, … e veramente tanto.
Ricordo che questa mia risposta generosa all’invocazione “fate la Carità” provocava in me uno stato di identificazione, un’esperienza emotiva molto particolare … quasi un desiderio di riparazione per qualcosa che senti ingiusto : Mi dispiaceva molto che quella persona fosse cieca.
Al tempo stesso mi rendevo conto che non potevo certo fare il miracolo di donare la vista … non ero Gesù.
Ed ecco che quindi allora donavo in cambio, a titolo di compensazione, quello che io avevo, quello che io potevo condividere, al fine di “sollevare”, di portare un contributo che servisse a sollevare il morale, che in qualche modo supplisse alla sua incapacità di procurarsi, con un lavoro, danaro per sopravvivere.
Ricordo che feci amicizia con questa persona e che la cosa mi accompagnò per un periodo in tutto di almeno due anni … fin quando scomparve. Ricordo anche che avevamo preso l’abitudine di poterci raccontare: Certamente per lui fatto insolito … ma anche per me: occasione straordinaria di comunicazione umana.
Ricordo anche che più avanti negli anni prima comunque che finisse il liceo ci ritrovammo ” per caso ” ed ebbi occasione di potere fare visita a casa sua su invito. Mi resi anche conto che aveva una bella casa e una bella famiglia e mi resi anche conto che il mio piccolo ma notevole contributo per il valore del danaro a quei tempi ( 200 – 300 lire mediamente) poteva – insieme col contributo di elemosine di tante altre persone – avere collaborato a realizzare quella sua situazione di presumibile agio a compensazione di altra mancata fortuna.
Ricordo anche L’esperienza di felicità che provai in quella circostanza e anche la solidarietà umana che si era creata, realizzata … Potremmo definirla appunto amicizia. Poi non ricordo altro.
Nella mia esperienza della parola CARITA’ la prima riflessione è questa: Un sentimento di mettersi nei panni dell’Altro “che ha bisogno” ( qualunque bisogno ) e desiderare di realizzare un contributo che collabori a soddisfare quel bisogno.
Un senso di pietà mi aveva mosso a compassione … mi aveva spinto a quei gesti, quella regolarità di gesti di dono, a quel comportamento poi cresciuto in amicizia.
Ispirato in quegli anni dall’amore Verso Dio – per come l’educazione ricevuta mi consentiva di sperimentarLo – avevo trovato, nel prossimo mio, da amare come me stesso ( così recitava il catechismo ) in questo caso Antonio, il mio amico cieco, una persona verso la quale realizzare un’esperienza di amore e di aiuto.
Quindi la buona azione che mi rendesse accettato da Dio, che mi conquistasse la benevolenza del Padre Nostro che è nei cieli.
Oggi penso ad un sentimento di sensibilità verso la miseria di un’altra persona o di altre persone, verso condizioni di sofferenza di umani: penso alle situazioni di guerra, le situazioni di malattia, alle situazioni di carestia. Penso e mi scopro in Carità come tensione sofferta … sentimenti di pietà e di commiserazione per le genti che spesso comunemente accomuniamo nell’etichetta “terzo mondo”.
Credo che l’esperienza di questo sentimento la sia poi venuta crescendo “dentro” nel corso della vita, ogni volta che mi sono ritrovato ad identificarmi in una persona – altra da me – che potesse vivere in miseria, in una situazione di malattia, in uno stato comunque di bisogno rispetto al quale io mi potevo al confronto ritenere fortunato … e in questo senso il desiderio di portare un contributo a compensazione di questa differenza, a sollievo di quello stato di diversa condizione umana.
Un atteggiamento di Carità, dunque, pronto ad entrare ed a mettersi in gioco, ad entrare in campo ogni volta che una situazione di bisogno, da chiunque vissuta, chiamasse a rispondere, chiamasse ad un coinvolgimento emotivo e sentimentale di pietà, ad un qualunque desiderio di intervento per giusta considerazione di quello stato misericordioso.
Carità come Sentimento scelto a testimoniare l’amore per “Dio identificato nell’altro”, “colto” nell’altro : l’ Altro come “un altro Me” che chiede di essere aiutato.
Ed ecco il sentimento della Carità come un’esperienza dove “nell’altro” io scopro uno stato che potrebbe riguardare anche me stesso, “nell’altro” io mi identifico in empatia e simpatia, … e nell’Altro cerco di capire che cosa manca e che cosa io posso fare per Lui.
Ed in questo atteggiarsi dell’ Essere Umano io ritrovo il Credo del sentimento dell’ Amore, nella sua Speranza tesa al miracolo, nel suo caritatevole soccorso.
Appunto Amore come Fede, Amore come Speranza, Amore come Carità.
E potremmo allora definire il sentimento della Carità come un’esperienza e una declinazione di quell’amore che proviamo verso noi stessi – quando autenticamente riusciamo a scoprirlo – e verso altri quando riusciamo ad esportarlo ed esternarlo … ed a farne una testimonianza vivente di “tutto quello” che siamo chiamati ad interpretare nel mondo, … come il Rispetto delle leggi della vita ed il Rispetto degli equilibri insiti in quelle Leggi, Il Rispetto dei valori della Giustizia, il Rispetto di tutto ciò che chiede realizzazione di armonia e di pace dentro e fuori ciascuno di noi.
Carità quando “sentiamo” non ci può essere armonia e pace se non ci riconosciamo “uguali”, se non ci riconosciamo “giusti” in leggi che governano questa giustizia e che mettono in campo l’obiettivo di realizzare condizioni di equilibrio ed armonia; se non ci riconosciamo ambasciatori di pace attraverso gli strumenti che promuovono quelle condizioni di equilibrio, di pace e giustizia che poi diventano, nel loro insieme, l’espressione dell’Armonia della bellezza delle relazioni umane e dell’intero Creato.
Il sentimento della Carità diventa allora l’espressione di un contributo di amore che ciascun essere umano può portare verso la condizione dell’altro e di Altri: dove il desiderio di “riconoscere” uno stato di bisogno corrisponde ad un movimento dell’anima e del cuore, quindi ad un sentimento caritatevole volto alla soddisfazione di quel bisogno, alla riparazione di quello stato di disgrazia, di quella condizione miserevole che chiama misericordia.
” Per carità ! ” come espressione che evoca raccomandazione o rifiuto: ma anche l’elemosina o la beneficenza come parole collegate alla pratica della Carità.
Ricordo quando in occasione del mio viaggio in India, sceso all’aeroporto di Bombay, mi ritrovai circondato da una folla di gente che chiedeva l’elemosina: di persone miseramente vestite, incredibilmente toccanti dal punto di vista della Pietà che immediatamente avverti ( ma anche quasi dal punto di vista della paura che a tradimento all’improvviso registri ): “visione” ed emozione straordinaria fanno luogo ad un sentimento di Carità di raro spessore : dove il desiderio di Amore, il desiderio di Bene, il desiderio di trasformazione – per le persone ed il loro stato – di quelle condizioni incredibili è un’esperienza che porto con me da allora e credo per tutta la vita.
Questi mendicanti in folla circondavano le persone scese dall’aereo. Ricordo ancora che entrato e quasi “rifugiato” nel taxi, per l’insistenza delle persone che ti circondano tendendo la mano e chiedendo carità ed elemosina … ricordo di avere girato la testa dall’altra parte per distaccarmi da quanto si presentava alla mia vista e generava questa esperienza forte e toccante ( che mi trovava assolutamente impreparato ) … e dall’altra parte fuori dal finestrino della macchina … ad aspettarmi … un’ennesima immagine di persona mendicante che con la mano, con il linguaggio universale dei gesti … chiedeva ” da mangiare” … un’esperienza incredibile ! !
Credo rimasi toccato e commosso fino alle lacrime. Perché entri in contatto, dentro di te, con una tensione sofferta incredibile ed una presa di coscienza immediata di quanta ingiustizia del Mondo ci sia …
… e non c’è carità che regga o tenga …
Quasi ti senti in colpa per doverti riconoscere privilegiato, da “questa” “altra” parte.
E con quanta miseria entriamo in contatto ogni qualvolta ci troviamo a confrontare il nostro stato con quello della persona che davanti ci ispira pietà, commiserazione … sentimenti di CARITA’. Con quanto dolore …
Esperienza insolita per me parlare di questo sentimento, scrivere di questo sentimento della Carità.
Sinceramente non mi ero mai soffermato, in vita mia, a riflettere ed a dedicare la mia attenzione ad un sentimento così particolare, come in questo caso.
Ma come in questo Salotto facciamo ogni volta … ci invitiamo ora a dare ciascuno il proprio significato frutto della personale interpretazione della parola; e, prima ancora, ci proponiamo di riportare il racconto della propria esperienza, richiamata dall’archivio della memoria, di quella parola e relative emozioni connesse … cioè collegate.
E mai come in questa circostanza mi viene da concludere di come ci sia un bisogno incredibile di educare la nostra sensibilità: toccata e spesso provocata dalle esperienze della vita.
Farne un discorso di Educazione, farne un discorso di “Sensibilità Educata”.
Un discorso dove l’esperienza delle EMOZIONI e l’esperienza dei SENTIMENTI possa essere ricondotta ad una CONOSCENZA e CONSAPEVOLEZZA diverse e meno improvvisate ( ” FAI DA TE ” ).
Dove l’ AGIO o il DISAGIO possono aprire spazi di migliore Accoglienza e migliore Accettazione piuttosto che di Rifiuto …
… ed ovviamente dove tutta questa ESPERIENZA DIDATTICA comporti in Ciascuno una crescita di FIDUCIA – nelle capacità potenziali e reali che abbiamo – di incidere positivamente e significativamente nella trasformazione del mondo come MISSIONE che incarniamo in questa Nostra Vita ( Incarnazione ).
Oggi per me L’esperienza di questo sentimento della Carità è ciò che ispira la mia Mission: portare – a persone che hanno bisogno di capire e di capirsi – strumenti capaci di rimuovere gli ostacoli frapposti ad ogni comprensione.
E gli ostacoli sono le emozioni che “non” conosciamo e che “non” sappiamo gestire, i sentimenti che “non” sappiamo gestire … Ma che piuttosto “subiamo” .
E li subiamo a livello di rabbia e li risolviamo a livello di odio …
e non sappiamo come trasformare, come risolvere … meglio.
Prende corpo una ispirazione al sentimento della Carità : che diventa cardine di amore verso l’altro, verso i bisogni dell’altro.
E “l’altro” sono le persone del mondo.
Scopro in conclusione che l’esperienza di questo lavorare sul sentimento della Carità mi porta a concludere alla Mission ed alla sua Alfabetizzazione ( che sono motivato ad esportare presso le genti del mondo ) quale struttura portante di conoscenza e di educazione di mondi emozionali e sentimentali.
Mondi emozionali e sentimentali vissuti allo sbando e in una situazione che vediamo sotto i nostri occhi : nelle persone fuori e dentro noi stessi.
Certamente situazione “perdente” a livello umano e di amore:
Dove prevalgono gli egoismi piuttosto che gli altruismi.
Dove prevalgono i recinti e le protezioni nell’economia degli stati del mondo, piuttosto che il dono delle aperture, delle condivisioni, delle risorse sentimentali e spirituali delle persone del mondo.
L’esperienza di questo sentimento nacque in me bambino come bisogno di fare l’elemosina per stare bene Io ( quasi egoisticamente “io”), a confronto con l’altro, ( quando vissuto – l’Altro – meno fortunato ).
Oggi questo sentimento lo trovo cresciuto nella ispirazione che mi Motiva alla MISSION ;
portare un contributo in amorevole dono a quanti hanno bisogno di orientarsi in modo diverso nei rapporti umani e nel mondo, dentro di sé e fuori di sé, con “l’altro”.
il bisogno di portare non l’elemosina, ma un contributo diverso e corposo, fattivo e costruttivo, per far sì che l’handicap eventuale ( ed anche il vuoto di formazione in tema Emozioni lo è ! ) possa essere compensato in ragione di una questione “più” sentimentale, “più” mentale, “più” morale.
Questo è il mio desiderio. Questa è la mia motivazione per la Mission.
Dalla carità come elemosina alla carità come Dono e Condivisione.
Dal desiderio di trasformare le condizioni materiali …
Al desiderio di trasformare abiti mentali e sorti morali dell’umanità nel
mondo.
La carità da … elemosina
a … dono … a beneficenza, … a volontariato.
Un sentimento del cuore volto alla pratica quotidiana di un Servizio ( SEVA )
pedagogico ( ed implicitamente terapeutico )
nel nome dei Reami della Coscienza da cui mi discendono
MOTIVAZIONE e VOCAZIONE e … ” MISSION ” .
A D M A I O R A ! !