Ieri sera ho mangiato troppo …poi ne ho risentito, ho riposato male.
Oppure: Ho bevuto un bicchiere di troppo, di vino, in più, … e poi stanotte ho vomitato, ne ho risentito.
C’ è senz’altro capitato di avere pronunciato, ascoltato frasi come queste.
Ma … Ecco: l’espressione “ne ho risentito” in questo caso ha a che vedere con qualcosa di organico, di corporeo, dove, in qualche modo, al piacere di essersi fatto un bicchiere di più, si aggiunge il dispiacere di avere rimesso; o al piacere di avere goduto a livello orale qualcosa di gratificante poi si è aggiunto il disturbo ed il malessere o meglio ( peggio ) il dispiacere di un risentimento appunto di tipo fisico.
Ma alla parola Risentimento, in verità, è collegato anche un sentimento che le fa assumere un altro tipo di significato: Cioè il sentimento che ha a che vedere con qualcosa di collegato ad altro: una aspettativa che all’improvviso si riscontra frustrata, al dispiacere di una parola messa fuori posto da parte di chi non ci aspettavamo che la pronunciasse e la cui citazione ci colpisce fastidiosamente…
Per non parlare poi del risentimento quale stato d’animo e mentale che s’accompagna alla gelosia quando la provi, che s’accompagna alla delusione quando la provi, che s’accompagna alla frustrazione quando la provi … ed è una condizione dentro la quale tu senti che “non” c’è “dietro” una Cosa, “ma” c’è (dietro) una Persona: una persona ha fatto qualcosa a tua sorpresa che a te non fa per niente piacere, Anzi … Ti spiazza, e ti trova non solo impreparato ma anche, appunto, ti fa sentire “risentito”.
(a meno che non avverti risentimento per fantasmi che ti perseguitano dal tuo “dentro” e, non potendotene fare una ragione, aggiungi insofferenza allo stato emotivo di fondo ).
Anche perché esso Risentimento s’accompagna a qualcosa che tutto avresti potuto calcolare, tutto prevedere ma … “questo NO “, … e da qui fastidio, rabbia e in un certo senso quasi un pensiero fisso, persecutorio e disturbante (ossessivo) al punto di ricercarsene una ragione, per darsi pace.
Ed anche perché con “rabbia” e “fastidio” mi ritrovo a rimuginare sempre la stessa cosa … e certamente questo non è il massimo delle mie aspirazioni mentre mi svolgo le routine ordinarie della giornata o della notte.
Se poi capita che un amico ti nomini la persona verso la quale provi questo sentimento, certamente sei pronto a rispondere: “lascia perdere”, “Non tocchiamo” quell’argomento… “Non ne parliamo proprio” “lascia stare” … — questo ci fa capire che abbiamo a che vedere con una persona – o con Fatti tra persone – che a livello sentimentale giocano una parte dove il “risentimento” diventa stato emozionale ed appunto “senti-mentale” complessivamente qualificabile come un “sentimento” semplicemente NON desiderato.
( Questa proprio non me l’aspettavo … Ma come si è permesso, alla prima occasione gliela faccio pagare … e così via parlando )
Cosa succede: succede che ad un certo punto del nostro quieto vivere e – talvolta all’improvviso – siamo spiazzati nel nostro ordinario sentirci a proprio agio all’interno di un rapporto di accettazione e di fiducia, da un qualcosa che trasforma quell’agio in disagio, e quell’accoglienza viene sospesa e può addirittura trasformarsi in rifiuto.
E tutto questo viene vissuto con una sensazione, appunto, di sfiducia, di antipatia verso un qualcosa che non ci sta bene.
È successo cioè che un amico, una persona rispetto alla quale la nostra posizione era di apertura e di accoglienza, nonché di rispetto, se n’è uscita all’improvviso con una parola, un atteggiamento, un comportamento che per noi è suonato offensivo o stonato o fuori luogo o, comunque sia, ci ha comportato fastidio e chiusura, un Risentimento appunto, con frustrazione e dispiacere annessi, legati ad un contesto nel quale noi ci registriamo in qualche modo ed a tutto tondo: disturbati !
Perché ?
Perché Ognuno, in linea di massima e nel proprio quieto vivere, valuta le situazioni, le persone, le cose, secondo uno standard con il quale misura il suo stato di comfort, i confini della sua rassicurazione e anche, quindi, il proprio stare tranquillo, comunque, in qualunque situazione di relazione.
Quando qualcosa risulta per il soggetto percipiente – a suo insindacabile giudizio – “registrarsi fuori posto” rispetto al proprio ordine di valori, alla propria ordinaria considerazione dello stato delle cose della situazione corrente… ( e questo può riguardare noi stessi od una persona che sta con noi )
… Quando all’improvviso un abuso della confidenza abituale ci fa trovare spiazzati ed infastiditi proprio perché non gradiamo il comportamento dell’altra persona: una battuta magari “a voce alta” – che se fosse stata a voce bassa potrebbe rientrare in una normale amministrazione di rapporto interpersonale amichevole – che esposta a fronte di altri può crearci imbarazzo” …
…Ci ritroviamo spiazzati ed infastiditi proprio perché non gradiamo il comportamento “fuori” o la sensazione di una educazione non rispettata “dentro”.
A me è capitato (per rendere subito con un esempio l’idea) , in un bar, di essere in compagnia di una persona amica e di scambiare due parole con un avventore conoscente con il quale lo scambio ci poteva stare. All’improvviso nel mezzo della comunicazione questa persona si prende la libertà di osservare che mi sarei dovuto comportare in maniera più educata rispetto alla persona amica con la quale mi stavo prendendo il caffè … ( ignorando Costui il livello di confidenza che mi consentiva, con questa persona amica, di affermare le cose di cui si parlava ). Vi lascio immaginare quale risentimento abbia acceso in me l’intruso avventore che si era permesso di interloquire e di criticare come assolutamente fuori posto e maleducato il mio comportamento … ! !
Qui il risentimento – come esperienza di che parliamo – è stato immediato.
Risentimento cioè verso una persona che si permette – a sorpresa per me e per chi con me – di esprimere in libertà un suo giudizio di valore in merito ad un qualcosa che non conosce e che non ha quindi strumenti per valutare la qualità del rapporti tra persone a lui comunque estranee.
La mia riflessione è stata “Ma come si permette questo ? ” … e vi lascio immaginare la parola colorita con il quale l’ho definito per essersene uscito in quel modo !
Ho dovuto tuttavia valutare che non era quello il luogo per far valere un atteggiamento di restituzione critico-pedagogica-rieducativa verso la persona attrice di questo tipo di comportamento a me risultato provocatorio oltre che maleducato.
È chiaro che non mi sono mancate le parole per restituire al malcapitato un messaggio di inequivocabile garbata ed educata osservazione che lo lasciava in mutande ma è altrettanto chiaro che mi sono portato dentro un risentimento dovuto al fatto che in una situazione di relax o di break o di riposo dover impegnare la mente per un lavoro assolutamente non desiderabile – comunque non messo in conto … e quindi imprevisto – Non era il top per il diversivo ed il Piacere.
È chiaro che mi sono segnato la persona nella categoria delle persone stancanti, atteso che io divido le persone tra : “riposanti” e “stancanti”… e con risentimento me la sono segnata tra le persone indegne, da considerare “si e no” per un superficiale saluto o cenno di esistenza.
La riflessione di circostanza è che troppe volte le persone non si fanno gli affari propri; mettono becco in situazioni dove nessuno ha chiesto loro di intervenire; si arrogano il diritto di parlare a voce alta turbando migliori ascolti tra le persone presenti .. e tutto questo non può che comportare fastidiosi risentimenti.
Legati al fatto che energie di aggressività rimosse – di vario accumulo dovuto a precedenti situazioni equivalenti – sono pronte a liberarsi e slatentizzarsi dall’inconscio rimosso ed a farcene carico e scarico che può diventare anche esagerato ovvero che ci può far accusare di molto le conseguenze per questo sentimento che abbiamo chiamato RISENTIMENTO, variamente condito di dispiacere o disappunto o fastidio o frustrazione o quant’altro di negativo.
Capiamo così come anche la eventuale somatizzazione che mi ha fatto “rimporre” il mangiare, che mi ha comportato indigestione o semplicemente mi ha fatto passare il buon umore … diventano la conclusione di un’esperienza certamente deludente e comunque significativa del termine e della parola.
Ecco allora in questo stato di risentimento della persona presentarsi una serie di emozioni: abbiamo citato la frustrazione, abbiamo citato l’insofferenza, abbiamo citato il dispiacere. … ma anche un insieme/serie di sentimenti: a partire dalla delusione o dalla antipatia che fanno da corollario ad una componente psichica della persona che è appunto quella che definiamo, sul piano sentimentale, come Risentimento.
E ripetiamo: a chi non è capitato, almeno una volta nella vita, di fare esperienza di Risentimento.
Per una qualunque persona: un fatto, un contrattempo, un disappunto ci cambia l’umore. E ci è passata la fame … c’è passata la voglia … e basta poco per accusare un cambiamento emotivo e sentimentale.
E’ RISENTIMENTO ! !
A volte possiamo anche non essere stati direttamente coinvolti ma semplicemente avere assistito – ad es – ad un litigio tra persone: per un parcheggio, per strada, tra un vigile e un autista per una multa.
E scopriamo che assistere ad un’ingiustizia di qualunque genere ( che noi valutiamo tale ) può essere causa di Risentimento.
Qui la casistica si può fare infinita ed a seconda di come ciascuno può – ripercorrendo la propria vita, la propria storia – scoprire “là” dove ha vissuto un “sentimento di risentimento”.
Nella nella vita di relazione, tra coniugi, tra amici … quante volte ci siamo lasciati andare all’espressione: ” questo non me lo dovevi dire ” a volte scherzando ma a volte dicendo sul serio.
Anche perché uno dei modi con cui spesso noi interloquiamo è: tu fai “sempre” così … ma dove all’altra persona quel ” sempre ” risulta stranamente fuori posto proprio perché se si chiede poi : “ma sempre” quando ? l’altro non è pronto a ricordare un episodio analogo “della serie” da portare a sua conferma … allora, per gioco o per davvero, ecco il risentimento, Ecco quanto noi, nel prendere atto, ci troviamo a “risentirne”.
Qualcuno si sente libero di dire: “Lascia stare” perché se “no” si offende …e tu (che non ti sei mai offeso per nulla) ti ritrovi risentito ad eccepire, contestando, … : “Ma dove …” – ” Ma quando …! “
Capita spesso di registrare modi gratuiti di parlare a sproposito da parte di terzi e di vedersi coinvolti o citati … ed uno si dice: ma “come” me lo sono andato a cercare !
Oppure: “Ma dove sono capitato … ! ” – “Ma chi me l’ha fatto fare di venire in un posto come questo … ! “
O ancora: Se lo sapevo mi guardavo bene dal dire, fare, andare, venire… tutte espressioni che hanno a che vedere con uno stato sentimentale di risentimento.
Ma quando mi dico: “ma chi me l’ha fatto fare” … di accettare questo incarico, compito, candidatura … di dire di sì ad un invito che poi si viene rivelando scomodo, non così desiderabile come in un primo momento l’avevamo valutato e di conseguenza uno se la prende con sé stesso e quindi si vive un momento di disappunto, di risentimento, peraltro non potendosela prendere con nessuno.
Ancora una volta dunque, in Salotto, stasera, ed in conclusione, siamo qui per dare e condividere il senso, il significato che una parola assume per noi. La parola: RISENTIMENTO.
Dove – nel tuo percorso di vita – ti riconosci di avere vissuto, sperimentato uno stato sentimentale collegabile a questa parola nel significato che tu soltanto puoi dare.
Ed ancora una volta l’insieme di questi racconti, di esperienze personali di vissuti riconducibili alla parola ( in questo caso: Risentimento ) ci consentirà di farcene una riflessione ed apprendimento, di farcene un parlare che comporta una raccolta finalizzata anche a stimolo di opinioni, di valutazioni, ma che diventa infine una ricchezza, sul piano cognitivo, di come “conoscere” le parole che adoperiamo, collegarle, confrontarle con i tanti modi con cui le significhiamo e farcene quindi una sintesi di comprensione e di conoscenza.
Riteniamo in questo salotto che PARLARE di EMOZIONI e PARLARE DI SENTIMENTI – come non ci è mai stato dato di fare nella vita vissuta : a casa come a scuola, da piccoli a grandi – assurga a valore importante, di RECUPERO di una CONOSCENZA che diventa costitutiva di una FORMAZIONE più ampia, integrativa e complementare di tutto quanto noi abbiamo potuto fare da soli, “con un lavoro fai da te”, non supportati da alcun riferimento pedagogico disciplinare proprio delle Istituzioni.
Istituzioni che non ci hanno dato NULLA di FORMAZIONE che concernesse la EDUCAZIONE delle EMOZIONI e dei SENTIMENTI.
Questo insieme di “conoscenze di esperienze” – così come raccontate qui grazie ai vostri contributi – ci dice di un lavoro pedagogico non indifferente che possiamo regalarci e portare con noi a casa come frutto di un sano proposito di vera e propria alfabetizzazione in merito a questa mancata educazione emozionale.
Ne risulta una conoscenza di Insieme dove, dal confronto dei contenuti, ciascuno trae per sé una “riflessione-sintesi” … che è pedagogico-esperienziale proprio perché frutto di un’esperienza che viene in qualche modo ordinata e confrontata in conoscenza.
E questa conoscenza ci consente di “sapere di che cosa parliamo”, ci consente di gestire diversamente – come logica conseguenza – le cose di cui parliamo e cioè le emozioni e i sentimenti.
Perché gestire significa parlarne con me STESSO e riflettere tra me e me, ma poi anche parlarne con un altro per “capirsi” e decidere insieme “Che Cosa” ci vogliamo fare con “questa emozione qui”… “con quel sentimento lì” … ed – al bisogno – con Questo “Risentimento qui”, di questa sera, come sentimento in trattazione.
Dentro ciascuno di noi tutto questo fa anche rassicurazione, perché colma una lacuna ed un vuoto fatti di “mancati nomi” e di “mancati cognomi” da dare alle emozioni ed ai sentimenti … per riconoscerli, per amministrarceli, per raccontarceli, per condividerceli, per aiutarceli.
In poche parole per gestirceli in armonia … in “capire” di cervello e in “comprensione” di cuore ! ! …
. . . PER FARCENE L’ INTELLIGENZA del CUORE ! ! !
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A D M A I O R A ! !