Sentimenti In Salotto : IL RIFIUTO – lunedi 29 gennaio – ore 21

Il primo rifiuto, Mi viene da riflettere, parte con il trauma della nascita.

“A pelle” con il “corpo” e con le emozioni della “psiche” (gravide di paura e di ansia e di tormento) e quando poi la mente avesse potuto esprimersi ( e lo avrebbe fatto più avanti) …

… il nostro “No” è stato il primo rifiuto !

NO come “Rifiuto di nascere”: a condizioni di TRAUMA.

Un rifiuto che portiamo scritto dentro, legato a quel modo di nascere o di farci nascere.

Non sono aggiornato al presente, ma ho assistito, 45 anni fa, alla nascita di mia figlia … e credo di essermi un attimino identificato e rispecchiato in un “no” a quel “modo” di nascere, “rispecchiato” nel rifiuto istintivo che ciascuno di noi ha vissuto ( e porta scritto “dentro” a livello inconscio )  dalla nascita.

E  quanti NO vissuti come rifiuto, poi, abbiamo ricevuto, man mano che da piccoli siamo diventati grandi, da massimamente dipendenti a totalmente – si fa per dire – indipendenti.

Quanti “NO” sperimentati come rifiuto: per “fermare” il nostro agire libero di bambini, ingenuo e inconsapevole: bisognoso di essere in qualche modo disciplinato ed educato ! … tanti “no”, tanti  “non si fa”, vissuti come rifiuto del nostro bisogno di esprimerci, magari scompostamente ed a rischio, ovviamente, e comunque “no” vissuti come proibizione e rifiuto.

E quanti “No” abbiamo poi copiato e ripetuto.

“No” che – pur non pronunciati – hanno “scritto” nel corpo il nostro rifiuto fin dai primissimi istanti di vita, immersi nei rumori allarmanti dell’ambiente, nei suoni delle parole del linguaggio  o del dialetto del posto dove siamo nati ( penso al seno materno, ai vissuti della suzione, poi dello svezzamento, alle relazioni sentimentali prima edipiche poi in generale …).

“No” che, in emozioni e sentimenti, esprimevano tutto il nostro rifiuto per quanto ci veniva imposto, di quanto eravamo costretti a subire e di quanto per noi diventava “modo” intollerabile la fatica di doversi mantenere equilibrati nell’Io, mentre intelligentemente cercavamo di capirci qualcosa.

Essere educati – L’intero processo pedagogico ci ha comportato una serie di valutazioni rispetto alle quali, a volte ed anche spesso, il tollerabile è diventato intollerabile ed allora abbiamo dovuto sentire e, quando possibile, esprimere … il nostro rifiuto.

Nella mia storia ricordo, da grande, il rifiuto con cui mi sono “appunto” “rifiutato” di proseguire gli studi al corso di laurea in ingegneria, dopo che al dodicesimo esame – quello che mi consentiva di sbiennare  (e di andare nel triennio di specializzazione) – m’accorsi che il tollerabile diveniva improvvisamente intollerabile allorché un professore ( di Chimica: Il Giomini ) forte del suo potere ( e del suo abuso di potere: ché troppo si è stati costretti a subire, da sempre, l’impreparazione emozionale dei “superiori” ) offese la mia dignità di studente pendolare/fuorisede.

Ma anche da piccolo: il rifiuto verso il sacerdote che in occasione della “prima confessione” ti chiede se vuoi diventare chierichetto … ( … e tu rispondi “ci voglio pensare” … ma vi lascio immaginare la sensazione di disagio e di ricatto subiti… ).

Allora tu decidi il tuo “RIFIUTO di andare avanti” e quindi decidi di cambiare atteggiamento, facoltà, cambiare percorso, cambiare vita.

Cambi facoltà ( scelsi Sociologia), ti sposi ( la ragazza di cui ero “innamorato”), inizi contestualmente a lavorare ( impiegato direttivo responsabile di un ufficio Patronati -INAS/CISL – alla sede provinciale INPS di Roma ).

Ma poi ricordo anche il rifiuto – per chi ne ha fatto esperienza –  di proseguirsi in situazioni sentimentali, magari sfociate nel frattempo anche nel matrimonio. Quanti di noi, quante persone “a giro” hanno vissuto e sperimentato il loro rifiuto, decidendo che non è più possibile “andare avanti così” e quindi prendendo le distanze in maniera più o meno civile, più o meno risentita, più o meno aggressiva come più o meno la Cronaca ci racconta.

Il Rifiuto come esperienza che abbiamo provato nell’ascoltare una persona: per quello che dice che “non ci piace”, per quello che propone che è “non in linea” con i nostri Valori, per quello che intende manipolare, per quello che tradisce nelle intenzioni e nelle contraddizioni…

Ricordo al riguardo una persona che chiese a me – in veste di professionista – la risposta ad una domanda su contenuti di mia “competenza” per una terza persona sua amica la quale, data quella risposta ( che ovviamente quella mia competenza professionale esprimeva ), ebbe a dirmi a riscontro: “non sono d’accordo”… Sento ancora nelle vene il rifiuto verso chi, a torto o a ragione, non aveva saputo apprezzare il mio dono… decisi per un rifiuto esistenziale totale, il rifiuto di accettare di stare ulteriormente in comunicazione con quella “terza” persona.

Quante esperienze o quanti ricordi – per ciascuno – in merito al significato da dare a questa parola RIFIUTO, a questo sentimento,  così come ciascuno l’ha vissuto e così come ciascuno lo può raccontare col suo linguaggio, per come lo porta nella memoria.

È quello che possiamo fare qui : in maniera molto semplice. Ciascuno raccontando dove e quando ricorda di avere subìto, agìto – a suo modo di ricordare – un rifiuto ( dall’esperienza di rifiuto di un cibo disgustoso a quella del rifiuto della mascherina o di un farmaco sperimentale spacciato per vaccino ).

Partendo dal presupposto che siamo costretti a provare sentimenti di rifiuto quando una situazione tollerabile ( o comunque “a sufficienza” valutata compatibile col proprio IO ) all’improvviso diventa per noi di disagio crescente, progressivamente intollerabile.

E allora necessariamente, istintivamente siamo costretti a valutare come sottrarci, come modificare quello stato di cose. Quel disagio ci apre al rifiuto ed innesta un percorso dove …: … dopo il disagio, dopo il rifiuto, cresce la sfiducia: un impasto di sentimenti che si provano indifferentemente  verso una persona, verso un ambiente, verso un oggetto … verso una qualunque situazione valutabile soggettivamente.

Di fronte a situazioni non sopportabili, che fanno passare dal piacere al dispiacere, dall’agio al disagio, non può che scaturire una scelta sottesa da sentimento quale il RIFIUTO   ( I “NO” con cui troppo spesso ci siamo trovati a fare i conti ).

Il Rifiuto, dunque, come Sentimento che segna in maniera importante la nostra storia.

Un sentimento capace di aprirci insieme all’accettazione ed al rispetto di sé,  in contrapposizione a tutto ciò che attenta al nostro equilibrio personale.

Un sentimento che, se ben riconosciuto e gestito, può portarci alla Fiducia piuttosto che alla Sfiducia, alla Simpatia piuttosto che alla Antipatia, comunque ad un migliore vissuto ed accettazione dell’Esistente… là dove ci facciamo esistere in Rispetto della Verità di ciò che siamo come Persone.

Rifiuto dunque anche inteso come momento critico di svolta nella vita di una persona, quando cioè si decide di cambiare direzione, trasformando un disagio in una volontà e desiderio di agio e tutto questo ci mobilita a cambiamenti costruttivi.

E questo accade  in qualunque momento  dell’ esistenza – ad un anno a 10 anni a 20 anni ecc. – quando l’equilibrio personale ( faticosamente raggiunto dall’ Io come ottimale “star bene”) viene attentato e minacciato e messo in discussione e la persona si attiva, in reazione, in maniera direttamente proporzionale alla propria età e maturità. 

In estrema sintesi Il rifiuto è dunque un sentimento che segue alla presa d’atto di un disagio, presa d’atto di una situazione non sopportabile per l’IO, per questo disagevole… ed è logica, conseguente, estrema difesa volta a proteggere salute ed equilibrio della persona.  

Tutto ciò che si struttura e costituisce Minaccia: allo star bene del corpo, lo star bene della psiche, lo star bene della mente e lo star bene dell’anima … Apre la porta – in Spirito di Pace –  alla Negazione e al Rifiuto.

… Fino al RIFIUTO di VIVERE  quando viene meno la possibilità di riconquistare ( quando “offeso” o “perso” ), il Rispetto delle Leggi della vita, così come percepite dentro sé stesso e ad insindacabile giudizio del Soggetto Persona percipiente.

E’ infine nell’approfondimento della conoscenza delle leggi della vita e del Creato che si pongono le attività di questo Salotto, con Focus sulla componente del mondo emozionale della persona all’interno del

” NOSCE TE IPSUM ”  come riferimento filosofico esistenziale. 

La  VITA   è   Emozione  e  Sentimento :

EDUCARCI  nelle  EMOZIONI  e  nei  SENTIMENTI  significa

EDUCARCI   alla   VITA  !

 

AD   MAIORA   !  !

 

 

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